USCITE LIBROSE DELLA CASA EDITRICE LATERZA DI NOVEMBRE 


 

Emilio Gentile
Mussolini contro Lenin Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
16,00
ISBN
 9788858129821
Pagine
272 

Nel centenario della rivoluzione d’ottobre, Mussolini contro Lenin getta nuova luce sui due primi capi rivoluzionari del ventesimo secolo, artefici dei primi regimi totalitari, l’un contro l’altro armati per imprimere il proprio modello sulla civiltà moderna.
L'opera
Lenin fu l’artefice del regime totalitario comunista. Mussolini ne seguì l’esempio per costruire il regime totalitario fascista. Di conseguenza, il bolscevismo diede impulso alla genesi del fascismo, il quale, per di più, ne imitò i metodi di guerra civile. I due regimi furono in altre parole fratelli-nemici: il primogenito comunista insegnò al secondogenito fascista, divenuto suo rivale, il metodo per distruggere la democrazia e istituire il regime a partito unico.
Questi sono i giudizi correnti nella storiografia italiana e straniera sui rapporti fra Lenin e Mussolini. Ma sono giudizi senza fondamento storico. Lo dimostra Emilio Gentile in queste pagine dove, per la prima volta, sono ricostruiti l’attitudine e l’atteggiamento di Mussolini verso Lenin, la rivoluzione bolscevica e il regime comunista. Mai Mussolini considerò Lenin, la sua rivoluzione, il suo regime come esempi da imitare. Al contrario. Fin dal 1920 Mussolini condannò il regime di Lenin come una dittatura di fanatici intellettuali imposta col terrore sul proletariato, considerò fallito l’esperimento comunista, giudicò liquidata la minaccia bolscevica in Europa. E un anno prima della conquista fascista del potere, il duce dichiarò pubblicamente che in Italia non c’era nessun pericolo di rivoluzione bolscevica.
Nelle pagine di Gentile una nuova, radicale, interpretazione di due miti della storia.

Il brano
«A Ginevra, il 18 marzo 1904, socialisti di varie nazionalità si riunirono nella grande sala del Cafè Handwerk e commemorarono la Comune di Parigi. Per i russi parlò Vladimir Ilich Uljanov, un avvocato di trentaquattro anni, rivoluzionario di professione, esule dalla Russia, che firmava i suoi scritti con lo pseudonimo Lenin. Per gli italiani parlò Benito Mussolini, un ventenne emigrato romagnolo, giornalista e propagandista, il quale, in una cronaca dell’evento, scrisse: “Noi fraternizzammo coi russi i quali rispondevano ai nostri inni col grido di Viva il Proletariato Italiano, Viva il Socialismo!”. Altro non si sa sulla prima e quasi certamente unica occasione di incontro fra Lenin e Mussolini. Il russo e l’italiano erano allora due sconosciuti, al di fuori della cerchia dei loro compagni. Senza saper nulla l’uno dell’altro, condividevano una concezione rivoluzionaria del marxismo, avversavano i riformisti nei rispettivi partiti socialisti,


esprimevano idee simili sul ruolo del partito rivoluzionario, come organizzazione politica di avanguardia, che doveva guidare il proletariato alla conquista violenta del potere, all’abbattimento dello Stato borghese, alla realizzazione del socialismo.»
«Per due anni dopo la fondazione dei Fasci di combattimento, Mussolini attaccò violentemente Lenin, giudicando il bolscevismo un pericolo mortale per l’Italia e per la civiltà occidentale.
In quegli anni, il fondatore del movimento fascista si proclamava nemico di Lenin e condannava senza riserve il suo regime perché negava la libertà e la democrazia; usava il terrore per eliminare i partiti avversari e per imporre la dittatura del partito bolscevico sul popolo russo; puniva con la pena di morte gli operai che scioperavano e faceva mitragliare sui contadini che rifiutavano di cedere il raccolto; esigeva obbedienza e fedeltà ai dogmi del comunismo come una religione ed esaltava Lenin divinizzandolo nel culto della sua persona; ingigantiva l’assolutismo dello Stato schiacciando l’individuo mentre incrementava una immensa burocrazia privilegiata, asservita alla casta politica comunista. Mussolini antibolscevico, prima di conquistare il potere, usò contro il regime di Lenin gli argomenti che gli antifascisti avrebbero usato contro il regime di Mussolini, dopo la conquista fascista del potere.»

Emilio Gentile, storico di fama internazionale, è professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza. Nel 2003 ha ricevuto dall’Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi studi sulle religioni della politica. Collabora al “Sole 24 Ore”. Tra le sue opere per i nostri tipi, tradotte nelle principali lingue: Il culto del littorio; Le religioni della politica; Fascismo. Storia e interpretazione; La Grande Italia; La democrazia di Dio (Premio Burzio); Fascismo di pietra; Né Stato né Nazione; Italiani senza padri (a cura di S. Fiori); E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma (Premio Città delle Rose; finalista e vincitore del Premio del Presidente al Premio Viareggio); Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra; Il capo e la folla; “In democrazia il popolo è sempre sovrano”. Falso!.

  


Dieci storie che raccontano che cosa è successo, nel lungo tempo che hanno attraversato, ad alcuni dei più importanti siti archeologici al mondo.
L'opera
«Nel 330 a.C. Persepolis era stata incendiata da Alessandro Magno come castigo per l’invasione persiana della Grecia, per la distruzione di Atene e per tutti i crimini commessi dal re Serse centocinquanta anni prima. Parmenione, il devoto generale, aveva cercato di fargli cambiare idea ma Alessandro non volle sentire ragioni. In un giorno di bagordi dette fuoco alla più ricca e detestabile città dell’Asia.
Nel 1979 un chierico iraniano, l’ayatollah Sadeg Khalkhali, cercò di ripetere le gesta di Alessandro. Con la rivoluzione islamica Khalkhali era stato nominato capo dei tribunali da Khomeini e come un Robespierre si mise a ripulire la società e a estirpare tutti i mali: condannò a morte lo scià, celebrò senza sosta processi sommari, ordinò centinaia di esecuzioni capitali e pene corporali. Se la prese anche con Persepolis nominando un komiteh incaricato del trattamento: la rivoluzione islamica detestava il passato. La pirotecnica di Alessandro Magno non era più adatta al contesto, essendo sopravvissute solo le parti in pietra del palazzo, e così un’armata di fedeli e di cingolati mosse verso le rovine per raderle al suolo...» L’archeologia non è solo una disciplina scientifica: è anche uno straordinario insieme di avventure e personaggi. Queste pagine ce lo dimostrano, in viaggio attraverso dieci siti archeologici ai quattro angoli del Mediterraneo – dalla Libia all’Italia, dalla Turchia alla Grecia – guidati da Emanuele Papi, studioso a capo della prestigiosa scuola Archeologica di Atene.

Il brano
Indice
La misteriosa morte di Herbert Fletcher DeCou (Cirene, Libia) Pompei anno zero (Pompei, Italia)
Vogue tra le rovine (Nemrut, Turchia)
Il dono del Nilo (Egitto)

Un milione di dollari (Atene, Grecia) Messalina a fumetti (Roma, Italia)
Ruspe su Persepolis (Persepolis, Iran) Prigionieri a Volubilis (Volubilis, Marocco)


Uvetta per la Sibilla (Delfi, Grecia)
Emanuele Papi, archeologo, insegna all'Università di Siena e dirige la Scuola Archeologica Italiana di Atene. Ha condotto scavi e ricerche a Roma e Atene, in Egitto, Grecia e Marocco. Ha scritto sul Mediterraneo antico, le società e le città, l’economia dell’impero romano. Il suo ultimo libro è Oliva revixit (con L. Bigi, Pandemos 2015).


 

La disuguaglianza e le sue origini, uno dei temi fondamentali di oggi e di sempre, nella trattazione di un gigante della filosofia moderna. Una edizione prestigiosa a cura di Maria Garin.
L'opera
Nel
Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini Rousseau delinea le tappe che hanno segnato il passaggio dallo stato di natura alla società civile e la conseguente nascita della diseguaglianza tra gli uomini.
Così il filosofo introduce al lettore l’oggetto dell’opera: «(...) Concepisco nella specie umana due specie di diseguaglianza: l’una, che chiamo naturale o fisica perché è stabilita dalla natura, e che consiste nella differenza d’età, di salute, di forze del corpo e di qualità dello spirito o dell’anima; l’altra, che si può chiamare diseguaglianza morale o politica perché dipende da una sorta di convenzione che è stabilita, o per lo meno autorizzata, sulla base del consenso degli uomini. Questa consiste nei differenti privilegi di cui alcuni godono ai danni degli altri, come essere più ricchi, più onorati, più potenti di loro, o anche farsene obbedire. (...) Che si propone questo discorso? Di stabilire, nel progresso delle cose, il momento in cui, succedendo il diritto alla violenza, la natura fu sottoposta alla legge; di spiegare per quale catena prodigiosa di fatti il forte poté risolversi a servire il debole e il popolo a comprare una tranquillità immaginaria a prezzo di una felicità reale...»

Il brano
«Finché gli uomini si contentarono delle loro capanne rustiche, finché si limitarono a cucire le loro vesti di pelli con spine vegetali o lische di pesce, a ornarsi di piume e conchiglie, a dipingersi il corpo con diversi colori, a perfezionare o abbellire i loro archi e le loro frecce, a tagliare con pietre aguzze canotti da pesca o qualche rozzo strumento musicale; in una parola, finché si dedicarono a lavori che uno poteva fare da solo, finché praticarono arti per cui non si richiedeva il concorso di più mani, vissero liberi e felici quanto potevano esserlo per la loro natura, continuando a godere tra loro le gioie dei rapporti indipendenti; ma nel momento stesso in cui un uomo ebbe bisogno dell’aiuto di un altro, da quando ci si accorse che era utile a uno solo aver provviste per due, l’uguaglianza scomparve, fu introdotta la proprietà, il lavoro diventò necessario, e le vaste foreste si trasformarono in campagne ridenti che dovevano essere bagnate dal sudore degli uomini, e dove presto si videro germogliare e crescere con le messi la schiavitù e la miseria.»


Di Jean-Jacques Rousseau nel catalogo Laterza anche Emilio, Il contratto sociale e Scritti politici (3 volumi). 




La congiura dei Pazzi: Giuliano de’ Medici ne pagherà personalmente le spese cadendone vittima. Ma per Lorenzo sarà l’inizio di una lunga guerra che gli devasterà la vita.
L'opera
1459. Lorenzo de’ Medici, un bambino di soli dieci anni, è inviato dalla sua famiglia a Ferrara come ambasciatore di Firenze presso il duca Borso d’Este; tanto lui quanto l’imperatore Federico III, di passaggio in quella città, resteranno incantati dalla sua non comune precocità intellettiva. Per Lorenzo, destinato a portare la famiglia nel novero delle grandi dinastie d’Italia, si preannuncia uno splendido futuro.
1469. Ormai ventenne, Lorenzo sposa Clarice Orsini, figlia di un’antica e potentissima famiglia baronale di Roma. Il matrimonio suggella la consacrazione sociale di Lorenzo, che grazie a quel legame, ha ora tutti i crismi per guidare Firenze: giovane uomo di talento, geniale sotto molti aspetti – poeta, musicista, esperto d’arte antica e ottimo diplomatico – Lorenzo si scrolla di dosso quel
low-profile che suo nonno e anche suo padre Piero avevano sempre scrupolosamente mantenuto.
1478. Lorenzo è all’apogeo della sua fortuna. Incontrastato signore di Firenze, anche se la città ama definirsi una Repubblica, ben accolto in tutte le corti italiane, ha in attivo un matrimonio prolifico che gli consente di vedere più che assicurata la sua successione. Certi errori commessi nel recente passato, tuttavia, minacciano la sua stabilità. Si è attirato l’ostilità del nuovo papa Sisto IV, che toglie ai Medici il lucroso incarico di banchieri pontifici; l’odio di Volterra, tiranneggiata per impadronirsi delle sue risorse naturali; la vendetta della famiglia Pazzi, che intanto è cresciuta in potenza ed è un potenziale, temibile concorrente. L’invidia verso un uomo che sembra costantemente baciato dalla fortuna cementa il legame dei nemici e li determina all’azione. L’epilogo fu tragico.

Il brano
«Sotto le finestre della nuova casa Medici e sotto gli occhi di alcuni nobili alleati della repubblica di Firenze, in quella memorabile primavera 1459, un mirabile gioco di sottintesi aveva reso omaggio a Lorenzo, che già appariva candidato a succedere al nonno: più di quanto non lo fosse suo padre Piero detto il “Gottoso”, malfermo tanto di carattere quanto di salute. Con l’occasione si festeggiò anche la nuova dimora della grande famiglia, il palazzo (oggi noto come Palazzo Vecchio) da poco eretto e non ancor terminato; nelle sue fastose stanze si respirava un’atmosfera assolutamente aristocratica, un’aura cavalleresca, dove il

gioco delle allusioni raggiungeva il culmine nel locale più splendido, la cappella dedicata all’Epifania. La decorazione fu affidata a Benozzo Gozzoli, il quale ritrasse il giovane Lorenzo nella celebre Cavalcata dei Magi, ad aprire il corteo dei nobili che seguivano i tre sovrani verso la culla del Re dei Re; anche questo dava un evidente segnale politico, poiché sul piano iconografico non si poteva immaginare un contesto più aristocratico.»
«Nel luglio 1469 Caterina era solo una splendida ragazzina bionda come la madre, con un certo piglio volitivo e fiero nello sguardo ereditato dal padre Galeazzo, il quale già puntava su di lei per guadagnare al dominio milanese la città di Ferrara; infatti l’aveva promessa a Onorato Torelli, figlio di Guido, signore ferrarese, assegnandole la cospicua dote di 10.000 ducati d’oro. La morte prematura del giovane portò il duca a spostare la mira su Imola, dove trovò un nuovo candidato in Guidazzo Manfredi, figlio di Taddeo, signore della città. Milano e Imola, Caterina Sforza e la sua ricca dote. Il lettore tenga a mente questa connessione: l’efferata congiura dei Pazzi in qualche modo ebbe origine da qui.»
Franco Cardini è professore emerito nell’Istituto di Scienze Umane e Sociali (ora denominato Istituto di Scienze Umane e Sociali/SNS), Directeur de Recherches nell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi e Fellow della Harvard University. Tra le sue pubblicazioni per Laterza: Nel nome di Dio facemmo vela. Viaggio in Oriente di un pellegrino medievale (con G. Bartolini); Noi e l’Islam. Un incontro possibile?; Europa e Islam. Storia di un malinteso; Nostalgia del paradiso. Il giardino medievale (con M. Miglio); Il Turco a Vienna. Storia del grande assedio del 1683; L’ipocrisia dell’Occidente. Il Califfo, il terrore e la storia; “L’Islam è una minaccia”. Falso!.
Barbara Frale, storica del Medioevo ed esperta di documenti antichi, è Ufficiale presso l’Archivio Segreto Vaticano. Ha collaborato con vari quotidiani ed emittenti televisive italiane ed estere per la realizzazione di servizi e documentari storici. Tra le sue più recenti pubblicazioni: La sindone di Gesù Nazareno (Il Mulino); Il principe e il pescatore. Pio XII, il nazismo e la tomba di San Pietro (Mondadori); La lingua segreta degli dei (Mondadori); L’inganno del gran rifiuto. La vera storia di Celestino V, papa dimissionario (UTET); Andare per la Roma dei Templari (Il Mulino); Crimine di Stato. La diffamazione dei Templari (Giunti); La guerra di Francesco. Gioventù di un santo ribelle (UTET). Per Laterza, La leggenda nera dei Templari




«La parola Italia è solo un’espressione geografica», diceva con sprezzo il principe Metternich. La Storia mondiale dell’Italia rivendica con orgoglio questo giudizio: il nostro Paese non esiste separato dal mondo.
Sotto questa luce e da questo punto di vista, mai l’Italia è stata raccontata come in questo libro. Con la direzione di Andrea Giardina, 170 storici e storiche raccontano i luoghi, i fatti, i protagonisti che hanno costruito il passato e la nostra identità da una prospettiva mondiale. 170 tappe, dall’uomo di Similaun a Lampedusa, per riscoprire il nostro posto nel mondo.

Un’impresa ambiziosa e gioiosamente polifonica che tiene insieme il gusto di una ricerca non convenzionale e il piacere di una bella scrittura.
Il risultato è una storia che provoca, spiazza, sorprende e allarga lo sguardo.

L'opera
La parola ‘Italia’ definisce uno spazio fisico molto particolare nel bacino del Mediterraneo. Un luogo che è stato nel tempo punto di intersezione tra Mediterraneo orientale e occidentale, piattaforma e base di un grande impero, area di massima espansione del mondo nordico e germanico e poi di relazione e di conflitto tra Islam e centro della Cristianità. E così, via via, fino ai nostri giorni dove l’Italia è uno degli approdi dei grandi flussi migratori che muovono dai tanti Sud del mondo. Questa peculiare collocazione è il vero specifico italiano, ciò che ci distingue dagli altri Paesi europei, e ciò che caratterizza la nostra storia nel lungo, o meglio lunghissimo periodo.
La nostra cultura, la nostra storia, quindi, non possono essere analizzate, indagate e, soprattutto, comprese se non come lo studio di una relazione tra ciò che arriva e ciò che parte, tra popoli, culture, economie, simboli. Una relazione che può diventare anche scontro, conflitto, guerra, ma è sempre confronto.
La
Storia mondiale dell’Italia vuole ripercorrere questo cammino lungo 5000 anni per tappe: ogni fermata corrisponde a una data e ogni data a un evento, noto o sconosciuto, ma sempre trattato tenendo assieme narrazione appassionante e serietà della ricerca. Le scelte risulteranno spesso sorprendenti, provocheranno interrogativi, susciteranno dibattiti e discussioni sulle inclusioni e sulle esclusioni.
Perché proporre proprio oggi un progetto del genere?
Perché viviamo in un periodo in cui le tentazioni isolazionistiche soffiano forti e impetuose in tutto il pianeta, in cui la globalizzazione è vissuta come minaccia e si erigono muri e barriere, reali e metaforici, per difendere gli ‘interessi’ nazionali. In anni in cui l’ipotesi di unificazione europea appare sul punto di implodere. Nel tempo di Brexit, Putin, Trump e Le Pen, il nostro piccolo mondo antico sembra sul punto di sfaldarsi e rendere necessario il ritorno al fuoco fatuo della tradizione e delle identità blindate.

Di fronte a tutto questo, la storia è un antidoto potente perché ci mostra come le sfide a cui siamo sottoposti non siano inedite. Perché porta in evidenza la complessità ma anche la ricchezza della relazione tra l’Italia e il resto del mondo. Rende palese l’inconsistenza dei sogni di chi vuole ignorare che siamo in una terra di approdi e partenze. Soprattutto fa comprendere che, quando ci si è chiusi all’interno dell’orizzonte territoriale e si è smarrito l’orientamento della nostra collocazione spaziale, la nostra storia si è inceppata in lunghi e disastrosi periodi di decadenza che hanno fatto sparire, quasi per magia, l’Italia dalle mappe.
In Francia l’Histoire mondiale de la France, curata da Patrick Boucheron, è stata un caso editoriale clamoroso – 100.000 copie in 2 mesi – e ha suscitato un grande dibattito che ha coinvolto intellettuali e media per dilagare poi nell’opinione pubblica fino al centro della lotta politica.
Il brano
238
Un ‘barbaro’ per Roma
In una fredda giornata agli inizi del 238 a Sirmium (Sremska Mitrovica in Serbia) l’imperatore Massimino, soprannominato il Trace, impegnato ad attaccare i barbari dal confine danubiano dell’Impero romano, fu raggiunto dalla notizia che il senato di Roma e tutta l’Italia si erano sollevati contro di lui e avevano eletto due nuovi imperatori, Pupieno e Balbino. A Massimino, deposto dal Senato e dichiarato ‘nemico pubblico’, non restò che marciare sull’Italia alla testa del suo esercito danubiano. Ma come si era arrivati a un simile scontro frontale tra il principe e la ricca aristocrazia senatoria?
Pierfrancesco Porena
1379
Omicidio a Lombard Street
27 agosto 1379. Venerdì sera. A Londra, dalle parti di Lombard Street, c’è un morto. Ammazzato. Si chiama Giano Imperiale. È italiano. Genovese. Un mercante. Era arrivato ad inizio del mese, forte di una lettera patente ricevuta direttamente dal re d’Inghilterra, Edoardo III. In quella notte di venerdì, accorrono i funzionari. Quello che appare è l’evidenza: che Giano è stato ucciso a tradimento. Un movente irrilevante, per una morte non prevedibile. Il caso viene chiuso con rapidità e la storia si può considerare finita.
Però non è così. Restano molti dubbi da sciogliere. Finora gli inquirenti sono stati bravi, ma non hanno rimestato a fondo. Hanno vagliato tanti aspetti, senza però focalizzare un tassello importante. Cioè non si sono sforzati di capire chi fosse il morto. E qui fanno un grosso errore. Perché Giano Imperiale non è uno qualsiasi. A Genova è uno importante. Molto più importante di quanto si creda. E, in Inghilterra, non c’è arrivato per caso. Per un incarico affidatogli dai suoi stessi concittadini genovesi. E, sotto sotto, c’è chi sussurra che avesse un appuntamento fondamentale. Col re in persona. E che dovesse andare a Westminster, per trattare direttamente con lui. Di cosa?
Amedeo Feniello
1739
Il paese dei cicisbei
Il luogo: Roma. L’anno: 1739. Il nostro informatore è l’aspirante corteggiatore, un viaggiatore francese di nome Charles de Brosses. Egli sarebbe poi diventato uno studioso e scrittore importante: basti dire che ha ispirato a Karl Marx l’elaborazione del concetto di feticismo. Ma qui lo incontriamo, ancora relativamente giovane, durante il suo viaggio di formazione in Italia, nelle vesti di corteggiatore ostacolato.
Roberto Bizzocchi
1985
Achille Lauro - Sigonella
Il 7 ottobre 1985 quattro militanti del Fronte per la Liberazione della Palestina sequestravano la nave da crociera italiana Achille Lauro in navigazione nel Mediterraneo orientale. Inizialmente si pensò a una rappresaglia per il recente bombardamento israeliano del quartier generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina a Tunisi, ma si sarebbe poi saputo che l’azione era stata pianificata ben prima di quell’evento. Essa rispondeva alla strategia di attacco a Israele, e più indirettamente ai suoi sostenitori

occidentali, perseguita dai gruppi più radicali della resistenza palestinese. I sequestratori, infatti, intendevano aprire il fuoco sui militari israeliani una volta che la nave avesse attraccato al porto di Ashdod. Ma le cose non andarono così...
Federico Romero
Andrea Giardina è uno dei più autorevoli storici italiani. Professore di Storia romana presso la Scuola Normale Superiore, è presidente della Giunta centrale per gli studi storici, socio dell’Accademia dei Lincei e presidente del Comité international des sciences historiques. Per Laterza è, tra l’altro, autore di L’Italia romana. Storie di un’identità incompiuta e Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini (con A. Vauchez) e curatore di Società romana e produzione schiavistica (con A. Schiavone, 3 volumi), Società romana e impero tardoantico (4 volumi), L’uomo romano (tradotto in molte lingue) e Roma antica.Con la collaborazione di Emmanuel Betta (Università di Roma La Sapienza), Maria Pia Donato (CNRS - Università di Cagliari) e Amedeo Feniello (Università dell’Aquila). 




Un passato bolscevico riemerge da un baule in una casa lungo la Marna. Un trasloco, una storia privata e una storia pubblica, due vite che si intrecciano, quella personale di Christian Salmon e quella di un personaggio leggendario della Rivoluzione d’Ottobre, Yakov Blumkin.
L'opera
«“Gli scrittori si immaginano di scegliere le storie nel mondo. In realtà è il contrario. Sono le storie che scelgono gli scrittori”. Non so se la scrittrice indiana Arundhati Roy, che ha scritto queste parole, abbia ragione, ma è il caso di questa storia. Mi perseguita da più di trent’anni. All’epoca avevo l’età di Blumkin al momento della sua esecuzione, 29 anni. Volevo scrivere la storia di un eroe leggendario. Un Lord Jim bolscevico. Una storia di lealtà e tradimento. Di delitto e castigo. L’epopea di un terrorista che era anche un poeta. L’eroe che – sopravvissuto alle situazioni più estreme – fu tradito dal suo amore per una rivoluzionaria intrepida come lui, in nome degli interessi superiori di una Rivoluzione, essa stessa tradita. Solo adesso ho capito che ero ossessionato da lui in un tempo molto poco eroico, quello degli anni Ottanta, quello delle rinunce e del tradimento degli ideali del socialismo. Volevo raccontare un fallimento: quello di una generazione, la mia, che voleva cambiare il mondo.
Ma chi era Yakov Blumkin? Era colui che aveva assassinato su ordine del suo partito l’ambasciatore tedesco a Mosca nel 1918. Era l’uomo dai mille volti: ora il viso sfilato, ora appesantito; in alcune foto sembra avere vent’anni, in altre ne dimostra quaranta. Eppure era lo stesso uomo, Yakov Blumkin, alias ‘Il Lama’, alias ‘Sultano Zade’, alias ‘Jivoï’ che significa ‘il Vivo’, come lo aveva soprannominato Majakovskij una sera che lo aveva incontrato in uno dei caffè letterari alla moda che frequentava. Ma per altri era un personaggio di finzione inventato e lanciato nel mondo dai servizi segreti sovietici come copertura per ogni affare losco. Sarebbero state orchestrate delle fughe di notizie apposta per le ambasciate straniere e per i loro agenti. Sarebbero stati mandati nelle capitali europee falsi transfughi che avrebbero abbondato in rivelazioni su questo ineffabile personaggio che minacciava gli interessi britannici in Persia, in Palestina, in Egitto e in India. Sarebbero state fornite informazioni frammentarie, ritoccate, basate su fonti sicure, per farli scatenare nella ricerca. Sarebbero stati svelati indirizzi di covi, finti ordini di missioni, luoghi di appuntamenti segreti – il bazar di Enzali, una tintoria a Jaffa, un bordello a Odessa, l’Hotel des Grands Hommes a Parigi...
Ma per me, Christian Salmon, Blumkin è effettivamente esistito. Così sono tornato viaggiando in tutta Europa sulle sue tracce e sulle mie della vita passata, al tempo in cui sono stato un bolscevico. Perché un tempo sono stato un bolscevico, un bolscevico per modo di dire, certo, ma pur sempre un bolscevico in carne e ossa. Come al tempo in cui le masse irrompevano sul palcoscenico della Storia, ed era la Storia in

persona che dettava le sue parole.»

Christian Salmon, scrittore, è membro del Centre de Recherches sur les Arts et le Langage (CNRS). Nel 1993 ha fondato, con più di trecento intellettuali provenienti da ogni parte del mondo (tra cui Salman Rushdie, Jacques Derrida, Toni Morrison, Javier Marías, Antonio Tabucchi, Claudio Magris, Vincenzo Consolo), il Parlamento internazionale degli scrittori. Autore di molti volumi, in italiano sono stati tradotti Intervista con Milan Kundera (minimum fax 1999), Diventare minoritari. Per una nuova politica della letteratura (con J. Hanimann, Bollati Boringhieri 2004), Storytelling. La fabbrica delle storie (Fazi 2008) e La politica dello storytelling (Fazi 2014). 





La macchina del terrore a partire da Arcipelago Gulag di Aleksandr Sol?enicyn di Andrea Graziosi Cominciato nel 1958, ma pubblicato nel 1973, questo ‘saggio di inchiesta narrativa’ basato su più di 200 testimonianze ha cambiato l’immagine del XX secolo. Sol?enicyn vi ricostruisce genesi e caratteristiche del sistema repressivo sovietico dal 1917 alle rivolte del 1952-1954.
Il disfacimento dell’Occidente a partire da Tropico del Cancro di Henry Miller di Emilio Gentile Giudicato un’oscena pornografia, Tropico del Cancro fece subito scalpore e per quasi trent’anni fu vietato fuori della Francia. Divenne un caso letterario mondiale: Miller non era scandaloso perché narratore osceno, ma perché si definiva un uomo felice mentre narrava lo sfacelo di una civiltà.
La resistenza tra mito e realtà a partire da Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio di Alessandra Tarquini
Johnny è uno studente che dopo l’8 settembre del 1943 sceglie, quasi per un caso del destino, la lotta partigiana. Un romanzo di formazione dell’identità e insieme metafora di quella del paese: dalla disillusione verso la guerra e il fascismo alla riscoperta dei valori democratici per i quali lottare e mettere a rischio la propria vita.
Ebrei, sionisti e partigiani a partire da Se non ora quando di Primo Levi di Anna Foa
La trama si ispira a una storia vera: una banda di ebrei russi e polacchi combatte la sua guerra partigiana contro gli invasori nazisti, percorrendo l’Europa. È dal libro che Anna Foa parte per raccontare i partigiani ebrei dell’Est, la loro guerra in armi contro Hitler, il loro incontro con il mondo dei non ebrei, prima nella guerra e poi nell’Europa selvaggia percorsa dai profughi.
La mafia americana a partire da Il Padrino di Mario Puzo di Salvatore Lupo
Mario Puzo cominciò a progettare Il Padrino nel 1966, a ridosso della confessione di Joe Valachi che clamorosamente rivelò l’esistenza della Cosa nostra americana. Il libro mostra, attraverso lo sguardo del Padrino, il Mediterraneo come terra delle origini, luogo di una cultura in grado di difendere istituti naturali, come la famiglia; i mafiosi si richiamano al senso dell’onore, all’amicizia, a regole giuste. Una mitologia fascinosa e ingannevole che non vive solo nella fiction.
Alessandro Barbero insegna Storia medievale all’Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli.
Alessandro Portelli, storico, critico musicale e anglista, ha insegnato Letteratura anglo-americana all’Università di Roma La Sapienza.
Alberto Mario Banti insegna Storia contemporanea all’Università di Pisa.
Lucy Riall insegna Storia contemporanea all’Istituto Universitario Europeo di Firenze e al Birkbeck College dell’Università di Londra.
Andrea Graziosi insegna Storia contemporanea all’Università di Napoli Federico II.
Emilio Gentile è professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza.

Alessandra Tarquini insegna Storia contemporanea all’Università di Roma la Sapienza.
Anna Foa ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza.
Salvatore Lupo è professore di Storia contemporanea all’Università di Palermo. 





Con l’attenzione ai numeri a cui ci ha abituato Gianpiero Dalla Zuanna nei suoi precedenti e fortunati libri, un quadro aggiornatissimo e puntuale sulla famiglia: un pilastro della società italiana.
L'opera
L'Italia appartiene, assieme ad altri paesi europei ed asiatici, al gruppo di nazioni caratterizzate dai forti legami di sangue, dove le relazioni fra genitori, figli e fratelli rimangono intense e solide nel corso di tutta la vita. Certo, anche nel nostro paese negli ultimi anni la famiglia si è enormemente trasformata, adattandosi ai tempi nuovi. Questo non vuol dire però che essa si sia indebolita in termini di sostegno materiale e di punto di riferimento culturale. Anzi, la famiglia in Italia è in salute più che mai. Così in salute da essere in grado di modellare tutta la società italiana: dall’economia al welfare, dalle modalità abitative a tutta la legislazione. Così forte che una politica riformista – se vuole avere qualche speranza di successo – deve conformarsi al tipo di legami fra parenti caratteristico del nostro paese, e non può adottare in toto le ricette messe in atto nei paesi del nord Europa. Partendo da questi presupposti, il libro ripercorre alcuni nodi fondamentali della società italiana: i legami fra le generazioni; l’economia familiare; la casa; il calo delle nascite; i comportamenti intimi di coppia. Per ognuno di questi temi, oltre a mettere in evidenza l’influenza della famigli a legami forti, si riflette anche sulle riforme possibili, in modo che questa caratteristica antropologica di base della società italiana diventi un punto di forza, piuttosto che di debolezza. Il libro offre dati statistici e demografici aggiornatissimi, e aspira a mostrare, attraverso la lettura dei numeri, com’è cambiata e come può ancora cambiare, speriamo in meglio, la società italiana.

Il brano
Indice
1. La famiglia tradizionale non esiste più
2. Il matrimonio non va più di moda
3. Non si fanno più bambini
4. Le coppie omosessuali mettono a rischio la famiglia 5. Le famiglie numerose non esistono più

6. Disfare famiglia
7. La famiglia è un fatto privato

Conclusione. Tanti modi di essere famiglia
Gianpiero Dalla Zuanna è professore di Demografia presso l’Università di Padova. Ha studiato il problema dell’equilibrio demografico nazionale e internazionale e l’integrazione delle seconde generazioni nella società italiana. Per Laterza è autore di Cose da non credere. Il senso comune alla prova dei numeri (con G. Weber, 2011) e Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione (con S. Allievi, 2016), più volte ristampati.
Maria Castiglioni è professoressa di Demografia e Statistica sociale presso l’Università di Padova. Ha studiato l’evoluzione del comportamento sessuale, coniugale e riproduttivo in Italia e nei paesi occidentali. Tra le sue pubblicazioni: Fare famiglia in Italia. Un secolo di cambiamenti (con M. Barbagli e G. Dalla Zuanna, Il Mulino 2003). 




Chi ha conosciuto di persona Mario Dondero sa che è impossibile fargli raccontare la sua vita senza che lui ci metta dentro quella di tutti gli altri. E così questa autobiografia è diventata la biografia del fotogiornalismo narrata da Dondero, umanissimo umanista, mitissimo rivoluzionario, viaggiatore sempre donderoad, grande griot della visione. “la Repubblica”
Incontri, aneddoti, agganci con storie incredibili e mai banali dove i nomi della grande cultura del ’900 compaiono assieme a quelli dei primi fotoreporter e dei primissimi creatori di agenzie. Il tutto tenuto insieme da un collante comune: la passione. Danilo De Marco, “Il Venerdì di Repubblica”
Il più bel periodo del fotogiornalismo internazionale raccontato da uno dei migliori fotografi italiani. Mario Dondero rivela le storie che stanno dietro le immagini sue e di alcuni colleghi, spiegando il vero senso del mestiere del fotoreporter. Fabrizio Villa, “Corriere della Sera”
L'opera
Da Parigi a Londra, da New York a Roma, da Budapest a Mosca, da Kabul alle pianure della Cambogia, Mario Dondero svela le storie che stanno dietro le fotografie sue e di altri, il confronto con mostri sacri come Robert Capa, i grandi eventi del XX secolo, dalla guerra di Spagna alla Grande Depressione americana, dalla caduta del muro di Berlino alla guerra in Iraq. Nelle sue parole sottili, ironiche, appassionate, scopriremo chi sono stati i primi fotoreporter, i primi creatori di agenzie, le ferree regole del mercato e quello che impongono. Ma, soprattutto, troveremo cosa rende straordinario il mestiere del fotoreporter, lo spirito nomade, il misto di adrenalina e paura nelle situazioni di pericolo, l’impegno civile, la curiosità per l’altro.

Mario Dondero (1928-2015) è stato uno dei grandi protagonisti della fotografia contemporanea. Ha documentato conflitti, lotte politiche e sindacali, la scena culturale, artistica e politica e i cambiamenti sociali dell’Italia e dell’Europa dal dopoguerra a oggi. Innumerevoli i suoi reportage, le pubblicazioni, le mostre italiane e internazionali, i premi attribuiti e i libri a lui dedicati.Emanuele Giordana, giornalista e scrittore, è presidente dal 2016 di “Afgana”, associazione per la ricerca e il sostegno alla società civile afgana. Ha il
blog Great Game e collabora con “il manifesto” e “Internazionale”. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Due pacifisti e un generale (con Ritanna Armeni, Ediesse 2010). Per Laterza è autore di Viaggio all’Eden. Da Milano a Kathmandu (2017). 




Scienziato visionario, pittore eccelso, uomo eccentrico e ambizioso: Leonardo ebbe molte vite.
A raccontarle, uno dei più riconosciuti esperti internazionali dell’arte del Rinascimento.
Il genio di Leonardo è universalmente noto. Il suo mito, tuttavia, ha spesso messo in ombra la vita di un uomo tormentato, dotato di un acuto spirito di osservazione, in conflitto con il sapere istituzionale e dedito a indagare ogni fenomeno naturale. Pittore, scultore, architetto, scienziato, musico, ingegnere: le tante vite di Leonardo sono raccontate da Antonio Forcellino in una biografia appassionante. Una biografia ricca, documenti d’archivio e scritti scientifici arricchiscono il volume: un testo di critica attuale e uno studio approfondito. La vita di Leonardo per tutti coloro che desiderano avvicinarsi a una delle più misteriose figure europee del passato.
Carlotta Venegoni, “il Giornale dell’Arte”
L'opera
Il mito, l’uomo, che nelle premesse ai suoi scritti si definì provocatoriamente «omo sanza lettere», può essere oggi decifrato dal restauro dei suoi grandi capolavori. L’analisi dell’opera pittorica, la comprensione del dettaglio della sua tecnica compositiva, sono infatti una chiave fondamentale per comprendere la personalità del genio. Insieme agli scritti ‘scientifici’ e a una ricca documentazione d’archivio, Antonio Forcellino riannoda la storia di Leonardo, di cui il mito ha talvolta messo in ombra la realtà spesso sofferente dell’uomo e del pittore.

Antonio Forcellino è tra i maggiori studiosi europei di arte rinascimentale. Ha realizzato restauri di opere di valore assoluto, come il Mosè di Michelangelo e l’Arco di Traiano. Come storico, la sua attenzione si rivolge da sempre a tutta la ricchezAntonio Forcellino è tra i maggiori studiosi europei di arte rinascimentale. Ha realizzato restauri di opere di valore assoluto, come il Mosè di Michelangelo e l’Arco di Traiano. Come storico, la sua attenzione si rivolge da sempre a tutta la ricchezza del fare arte, ai contesti storici, alle tecniche e ai materiali, alle radici psicologiche e biografiche dei grandi capolavori. Autore di una ricca letteratura scientifica, per i nostri tipi ha pubblicato Michelangelo. Una vita inquieta (2005), Raffaello. Una vita felice (2006) e 1545. Gli ultimi giorni del Rinascimento (2008), tutti tradotti in molte lingue.za del fare arte, ai contesti storici, alle tecniche e ai materiali, alle radici psicologiche e biografiche dei grandi
capolavori. Autore di una ricca letteratura scientifica, per i nostri tipi ha pubblicato Michelangelo. Una vita inquieta (2005), Raffaello. Una vita felice (2006) e 1545. Gli ultimi giorni del Rinascimento (2008), tutti tradotti in molte lingue. 




17 febbraio 1600, Campo de’ Fiori: Giordano Bruno arde sul rogo dell’Inquisizione. Ingrid D. Rowland ricostruisce la vita di un filosofo cosmopolita, cittadino del mondo.
L'opera
«È fuor di dubbio che Bruno venne al mondo per accendere un fuoco e vide quel fuoco come una raffigurazione dell’amore ardente che aveva creato sia il cosmo sia i cuori umani. Dalla sua cella nelle prigioni dell’Inquisizione veneziana avrebbe contemplato le stelle»: anticipatore del calcolo, investigatore dell’atmosfera planetaria, aspro critico delle prime forme di colonialismo in America, Giordano Bruno ha tutte le carte in regola per essere considerato un uomo totalmente ‘moderno’; eppure, allo stesso tempo, la sua riflessione è impregnata dell’immaginario neoplatonico rinascimentale, di cabala e arti mnemoniche, di visioni spirituali che esprime a volte in densi componimenti in latino, altre in un vernacolare scatenato o in sublime poesia. Nato sotto l’ombra del Vesuvio, cresciuto nel convento napoletano di San Domenico Maggiore, nella sua breve vita fu destinato ad attraversare gran parte dell’Europa cinquecentesca: la Svizzera, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, Praga, spesso nelle corti dei sovrani, fino a giungere poi a Venezia, dove cadde nelle reti del Sant’Uffizio nel 1592. Morì il 17 febbraio del 1600 in piazza Campo de’ Fiori a Roma come «eretico ostinato e pertinace».
Ingrid D. Rowland traccia una biografia del filosofo nolano agile e accessibile, facendo ampio uso di brani delle sue opere e dedicando un’attenzione particolare agli aspetti ‘scientifici’ della sua ricerca: le conseguenze che l’esistenza di un universo infinito comporta alla fisica, alla matematica, al concetto della magia (qui reinterpretata in chiave filosofica), al giusto modo per l’uomo di stare nel mondo quando il mondo è un cosmo senza limiti.

Ingrid D. Rowland, docente alla University of Notre Dame, vive e lavora a Roma. Autrice di numerosi volumi sul XVI e XVII secolo, ha tradotto i Dieci Libri dell’Architettura di Vitruvio (1999) e Gli Eroici Furori di Giordano Bruno (2011). 





Se almeno una volta nella vita non vi siete riconosciuti in una fotografia, se vi siete commossi o irritati davanti alla polaroid di una vecchia fidanzata, se non resistete al desiderio di postare un selfie, questo libro fa per voi. In dieci capitoli Ferdinando Scianna s’interroga sulla natura e sull’ambiguità del rapporto degli uomini con se stessi e con la realtà che è stata l’invenzione della fotografia. E se oggi con il digitale e i social network, grazie a un post, tutti abbiamo diritto al nostro quarto d’ora di celebrità, il paradosso, secondo Scianna, è che non ci sono quarti d’ora per tutti. Rocco Moliterni, “Tuttolibri”
L'opera
Niente è più astratto e sfuggente della nostra identità e nello stesso tempo niente è più esposto al giudizio altrui, è più concreto e visibile. A cominciare dal volto, la prima immagine di noi stessi. Da quasi due secoli la fotografia è legata alla nostra stessa idea di identità. Tutti portiamo con noi un documento con il nostro volto e abbiamo fotografie delle persone che più amiamo. Il rapporto emozionale che stringiamo con queste immagini è talmente complesso da farci rifiutare, qualche volta, i nostri stessi ritratti. Non ci riconosciamo, anche se bastano pochi anni per trovare sorprendentemente migliorate fotografie che prima detestavamo. Perché la fotografia è come la memoria: cambia. Non resta immobile, ma si trasforma sulla base della storia di ciascuno e dell’idea che si ha di se stessi.

Ferdinando Scianna comincia a fotografare negli anni Sessanta. È del 1963 l’incontro con Leonardo Sciascia, con il quale pubblica nel 1965 il primo dei numerosi libri fatti insieme, Feste religiose in Sicilia (Premio Nadar). Ha collaborato a lungo con “L’Europeo” come fotoreporter, inviato, poi corrispondente da Parigi. Introdotto da Henri Cartier-Bresson, nel 1982 entra nell’agenzia Magnum. Dal 1987 alterna, con successo internazionale, la fotografia di moda e di pubblicità al reportage e al ritratto. Svolge da anni attività di critico e giornalista pubblicando articoli in Italia e Francia. Tra i suoi libri più recenti: Ti mangio con gli occhi (2013), Visti & Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015) e In gioco (2016) per Contrasto; In viaggio con Roberto Leydi (2015) per Squilibri; Il dolore vissuto (2017) per Le Farfalle. 

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