uscite casa editrice Laterza maggio

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Andrea Boitani (a cura di)
L'economia in tasca 100 citazioni imperdibili
Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
12,00
ISBN
                                                                         9788858127520
Pagine
136
Globalizzazione, mercati finanziari, lavoro e tecnologia, disuguaglianza e povertà, i fattori della crescita e quelli del declino. Cento brani sulle questioni cruciali dell’economia tratti dalle opere dei più grandi economisti di tutti i tempi, ma anche di sociologi, filosofi e scrittori: da John Maynard Keynes a Thomas Piketty, da Joseph Stiglitz a Zygmunt Bauman e papa Francesco.
Una originale guida per chi voglia capire meglio la complessità dell’economia contemporanea senza avere il tempo di leggere tutto.

Il brano
«È un errore considerare le privazioni e le vite divise come effetti perversi della globalizzazione invece che come fallimenti di assetti sociali, politici ed economici che sono assolutamente contingenti, e non inevitabili compagni di strada dell’avvicinamento globale.»
Amartya Sen
«La questione fondamentale non è quanta ineguaglianza c’è, ma quante opportunità ci sono per ogni individuo di uscire dalla classe più bassa e arrivare alla cima. Se c’è abbastanza movimento in questo senso, le persone accetteranno l’efficienza dei mercati. Se ci sono opportunità, c’è una grande tolleranza per l’ineguaglianza. Questa è stata la salvezza del sistema americano.» Milton Friedman
«Così come il comandamento ‘non uccidere’ pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole.» papa Francesco
«Il mercato globale pone gli stessi problemi che pongono i jet. Sono più veloci, più confortevoli, e ti portano dove vuoi nel migliore dei modi. Ma il loro schianto è molto più spettacolare.» Lawrence Summers
Andrea Boitani è professore ordinario di Economia politica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, a più riprese, consulente del Governo nazionale e di amministrazioni locali. Fa parte della redazione di www.lavoce.info e collabora con “la Repubblica - Affari & Finanza”. Tra le sue pubblicazioni,
per Il Mulino: Una nuova economia keynesiana (con M. Damiani, 2003); I trasporti del nostro scontento (2012); Macroeconomia (2008, nuova edizione 2014). Per Laterza, Relazioni pericolose. L’avventura dell’economia nella cultura contemporanea (con G. Rodano, 1995) e Sette luoghi comuni sull’economia (2017).
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Enrico Camanni
Il desiderio di infinito Vita di Giusto Gervasutti
Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
19,00
ISBN
                                                                         9788858127537
Pagine
288
«Dietro il sogno si sale, senza sogni si cade»: questo il principio guida della vita di Giusto Gervasutti, ‘il Fortissimo’.
A oltre settant’anni dalla morte di questo grande del Novecento, inspiegabilmente mancava ancora la biografia. Questo libro colma la lacuna.

L'opera
La vita di Giusto Gervasutti è un continuo viaggio verso ovest: dall’Austria all’Italia, dal Friuli al Piemonte, dalle Dolomiti al Monte Bianco. Nato a Cervignano del Friuli nel 1909, scopre le Alpi occidentali durante il servizio militare e se ne innamora perdutamente. A ventidue anni si trasferisce a Torino, portando con sé la tecnica e la mentalità del sesto grado. In poco tempo diventa il campione indiscusso dell’alpinismo italiano, insieme a Emilio Comici e Riccardo Cassin. Lo chiamano ‘il Fortissimo’. Fa i conti con la dittatura fascista, il mito della montagna e la fabbrica degli eroi. Partecipa alle competizioni internazionali per la conquista delle pareti nord dell’Eiger e delle Grandes Jorasses, perdendole entrambe, ma si riscatta con imprese più estreme e visionarie. È l’alpinista più moderno della sua epoca, ma è anche un uomo colto ed elegante, incompatibile con la grezza retorica del regime. Il signore di Cervignano frequenta i salotti torinesi, i teatri e gli ippodromi, legge London, Conrad e Melville. È un cavaliere all’antica che anticipa il futuro. Muore sognando il Fitz Roy della Patagonia.

Il brano
«Ultimata la preparazione del sacco esco per le vie della città per dar aria alla mia eccitazione. Quasi automaticamente salgo al Monte dei Cappuccini. Sento il richiamo del vento lontano che rende più trasparente il tramonto, colorando di verde l’orizzonte. Sopra il Gran Paradiso due nuvolette riflettono ancora l’ultimo sole. Sotto di me la città sta accendendo le prime luci...
Provo una grande commiserazione per i piccoli uomini che penano rinchiusi nel recinto sociale... Ieri ero come loro, tra qualche giorno ritornerò come loro, ma oggi sono un prigioniero che ha ritrovato la sua libertà. Domani sarò un gran signore che comanderà alla vita e alla morte, alle stelle e agli elementi.»

Enrico Camanni, scalatore e giornalista, è stato istruttore della Scuola di alpinismo Giusto Gervasutti. A Torino ha fondato e diretto il mensile “Alp” e la rivista internazionale “L’Alpe”. Oggi collabora con “La Stampa”. Ha scritto libri di storia e letteratura dell’alpinismo, trattando le Alpi contemporanee con La nuova vita delle Alpi (Bollati Boringhieri 2002), Il Cervino è nudo (Liaison 2008) e Ghiaccio vivo. Storia e antropologia dei ghiacciai alpini (Priuli & Verlucca 2010). Ha scritto sei romanzi ambientati in diversi periodi storici e ha curato i progetti del Museo delle Alpi al Forte di Bard, del Museo interattivo al Forte di Vinadio e del Museo della Montagna di Torino. È vicepresidente dell’associazione “Dislivelli”. Per Laterza è autore di Di roccia e di ghiaccio. Storia dell’alpinismo in 12 gradi (2013), Il fuoco e il gelo. La Grande Guerra sulle montagne (2014) e Alpi ribelli. Storie di montagna, resistenza e utopia (2016).
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Piero Melati
Giorni di mafia Dal 1950 a oggi: quando, chi, come
Collana
i Robinson / Letture
Prezzo
14,00
ISBN
                                                                         9788858128688
Pagine
128
I giorni più significativi che hanno sconvolto gli italiani, cambiando per sempre il volto della Sicilia e contagiando di un virus mortale l’intero Paese, e non solo.
L'opera
Dalla strage di Portella della Ginestra fino alla morte di Bernardo Provenzano, un calendario originale che attraversa decenni di delitti, stragi e risposte dello Stato e della società civile, senza dimenticare le roventi polemiche sulla giustizia, i più recenti fenomeni di Mafia Capitale e il contrasto dei clan al Nord.
Una rilettura originalissima che evidenzia la complessità degli intrecci tra mafia e politica, mafia e droga, mafia e Stato, e sollecita a riflettere ancora sui grandi misteri, sui segreti ben custoditi, sui gialli mai risolti. Non solo un viaggio nella memoria, dunque, ma il tentativo di cercare un percorso inedito per capire un fenomeno entrato nella vita quotidiana di tutti.
Al centro del libro non ci sono solo cadaveri eccellenti e grandi processi, ma anche alcune figure spesso trascurate, i romanzi, i film, il costume, il cibo, il gergo, gli avvenimenti politici, sociali e di ‘colore’ che, legati cronologicamente ai grandi fatti di mafia, ne sono stati la cornice o la ricetta per il suo contrasto.
La storia sanguinaria della mafia può essere infatti compresa solo in uno sguardo più ampio che comprenda l’intera vita politica, istituzionale e culturale italiana.

Il brano
10 dicembre 1969. La strage di viale Lazio
«Anticipò di due giorni la strage di piazza Fontana. Quello era terrorismo, questa mafia. Come se l’autobomba di Ciaculli di sei anni prima avesse riaperto il vaso di Pandora dello stragismo, dopo l’eccidio di Portella. L’Italia, da allora, sarebbe stata seminata di croci per i vent’anni a venire. Dalla stazione di Bologna agli attentati sui treni e nelle piazze, Portella avrebbe smesso di essere un’eccezione: massacrare era diventata una opzione praticabile. La strage di viale Lazio significò anche l’inferno che si scatena d’improvviso nei quartieri bene: si ammazzeranno anche fra loro, come si diceva allora, ma ora lo fanno pure in casa nostra, non più esclusivamente nei ‘loro’ quartieri e paesi. In viale Lazio Riina, Provenzano e altri killer, travestiti da poliziotti, irruppero in pieno giorno negli uffici del costruttore Moncada, fecero fuori tre dipendenti dell’impresa, ferirono i figli dell’imprenditore, dovettero trascinare via il cadavere di uno di loro, Calogero Bagarella, ucciso nella sparatoria (anche Provenzano rimase ferito) ma andarono a
bersaglio liquidando il boss dell’Acquasanta Michele Cavataio, detto ‘il cobra’.»
10 febbraio 1986. Il Maxiprocesso
«Il più grande processo mai celebrato al mondo: 475 imputati, 200 avvocati, 349 udienze (600 giornalisti accreditati alla prima), 1314 interrogatori, 635 arringhe, 35 giorni di camera di consiglio, una sentenza (emessa il 16 dicembre ’87) che infligge 2665 anni di carcere (19 gli ergastoli). Dieci rifiuti a presiedere la corte dentro l’aula bunker, prima del gesto coraggioso del presidente, Alfonso Giordano. Giudice a latere è Pietro Grasso (in futuro procuratore di Palermo, capo della Direzione antimafia, oggi presidente del Senato). Pubblici ministeri Giuseppe Ayala e Domenico Signorino (in seguito si toglierà la vita per le accuse di un pentito). Una ordinanza di rinvio a giudizio, depositata dal consigliere Caponnetto l’8 novembre dell’85, e firmata collegialmente da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, di oltre ottomila pagine. “Un romanzo nero che rattrappisce le ossa e gela il sangue” scriverà Corrado Stajano. Vi si ricostruisce la storia recente di Cosa Nostra, la sua struttura, la divisione territoriale, il traffico di droga, le centinaia di esecuzioni, i delitti eccellenti. Stralciati gli ‘omicidi politici’ ma, anche grazie alle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta, i delitti La Torre, Mattarella e Dalla Chiesa (il più grave della storia della Repubblica dopo Moro) restano al centro della scena. L’interrogatorio di Buscetta, il suo confronto con il ‘nemico’ Pippo Calò, la deposizione di Contorno (racconterà a ritmo di rap come scampò all’attentato da parte dei killer corleonesi), la presenza di Leonardo Sciascia restano tra le pietre miliari nella storia del ‘processone’.»
Piero Melati, palermitano, per molti anni viceredattore capo de “Il Venerdì di Repubblica”, si occupa di attualità e cultura. Ha seguito per il giornale “L’Ora” di Palermo la guerra di mafia e il primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Con “la Repubblica” ha aperto le redazioni locali di Napoli e Palermo ed è stato viceredattore capo della cronaca di Roma. È autore, con Francesco Vitale, del libro Vivi da morire (Bompiani 2015).
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I nostri ultimi anni sono dominati dai demagoghi e dalla loro capacità di condizionare la vita democratica. Luciano Canfora in Cleofonte deve morire racconta come un commediografo, Aristofane, fece condannare attraverso un processo politico mostruoso l’ultimo leader della democrazia ateniese.
Luciano Canfora
Cleofonte deve morire Teatro e politica in Aristofane
Collana
Cultura storica
Prezzo
24,00
ISBN
                              9788858127223
L'opera
Siamo nel pieno della guerra del Peloponneso. Atene è in procinto di essere sconfitta da Sparta. La tensione è altissima: il partito aristocratico vuole arrendersi e adottare la costituzione dei vincitori. I democratici vogliono invece resistere all’invasore fino alla fine e conservare la costituzione di Pericle. Cleofonte è il leader della parte democratica ed è l’uomo da abbattere.
In questo tumultuoso quadro politico, un ruolo fondamentale lo giocano i drammaturghi. Sono loro a intrattenere un rapporto strettissimo con i gruppi di pressione decisi ad abbattere il regime democratico. La commedia si fa così interprete della ‘maggioranza silenziosa’, quella che non va all’assemblea popolare, e la sobilla contro i suoi capi presentandoli come mostruosi demagoghi. Aristofane, il commediografo, è un vero agitatore politico. La sua grande abilità consiste nel presentarsi come il difensore del popolo agendo, in realtà, per conto di chi intende distruggere il potere popolare.
L’episodio più compromettente si trova nella commedia intitolata
Rane. Qui Aristofane getta la maschera, parla in modo esplicito, chiede e auspica la condanna di Cleofonte, accanito oppositore del potere oligarchico, rompe la finzione scenica e fa un vero e proprio comizio, parlando direttamente di politica.
Luciano Canfora è professore emerito dell’Università di Bari. Dirige i “Quaderni di storia” e collabora con il “Corriere della Sera”. Tra le sue pubblicazioni per i nostri tipi, più volte ristampate e molte delle quali tradotte nelle principali lingue: Storia della letteratura greca; Libro e libertà; Giulio Cesare; Prima lezione di storia greca; Critica della retorica democratica; La democrazia; L’occhio di Zeus; La prima marcia su Roma; La natura del potere; L’uso politico dei paradigmi storici; Il mondo di Atene; “È l’Europa che ce lo chiede!”. Falso!; Intervista sul potere (a cura di A. Carioti); La crisi dell’utopia; La maschera democratica dell’oligarchia (con G. Zagrebelsky, a cura di G. Preterossi); Augusto figlio di Dio; Tucidide. La menzogna, la colpa, l’esilio.
Pagine
496
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Mario Liverani
Assiria La preistoria dell'imperialismo
Collana
Cultura storica
Prezzo
22,00
ISBN
                                                                         9788858126684
Pagine
384
Dopo il 1989, pensavamo di esserci lasciati alle spalle per sempre l’aggressività tra le nazioni e i popoli. Abbiamo creduto di essere entrati nell’era della fine della storia e che una nuova civiltà avrebbe spazzato via l’imperialismo. Oggi Russia, Cina, Stati Uniti tornano a sconvolgere gli equilibri mondiali con nuove forme di predominio. Mario Liverani mostra come già nell’antichità una intera civiltà, quella assira, aveva fatto propria la missione imperiale.
L'opera
Ora che gli ‘imperi del male’, orientali e dispotici, sono tornati alla ribalta, l’Assiria può essere considerata un prototipo di impero? La storiografia del XX secolo ha sostenuto che l’imperialismo è un fenomeno limitato alla modernità. Mario Liverani dimostra che non è così. Un impero è una formazione politico-territoriale che si assegna lo scopo di allargare incessantemente la propria frontiera, di assoggettare (per conquista diretta o per controllo indiretto) il resto del mondo, fino a far coincidere la propria estensione con quella dell’ecumene tutto. La sua ‘missione’ è un progetto ideale che si fonda su una teoria politica (quando non teologica), e si articola in principi ideali. Questi variano nel tempo, oscillando soprattutto tra il fondamento religioso e quello civile. La giustificazione ideologica può variare nel tempo, ma resta un fattore essenziale: tutti i popoli/stati dotati di intenti espansionistici hanno scopi pratici, ma solo quelli dotati di una forte ideologia (religiosa o militaristica o altro) riescono davvero ad espandersi. È questa la storia dell’antica Assiria.

Mario Liverani, professore emerito di Storia del Vicino Oriente antico all’Università di Roma La Sapienza, ha tenuto corsi in molte università americane ed europee. Ha collaborato e collabora a scavi in Siria (Ebla), in Turchia (Arslantepe) e in Libia (Acacus). È autore di L’origine della città (Roma 1986), Akkad, the First World Empire (Padova 1993) e Myth and Politics in Ancient Near Eastern Historiography (London 2004). Per Laterza ha pubblicato: Guerra e diplomazia nell’Antico Oriente. 1600-1100 a.C. (1994); Uruk, la prima città (1998); Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele (2003); Antico Oriente. Storia società economia (nuova edizione 2011); Immaginare Babele. Due secoli di studi sulla città orientale antica (2013).
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Giuseppe Antonelli
Volgare eloquenza Come le parole hanno paralizzato la politica
Collana
Tempi Nuovi
Prezzo
14,00
ISBN
                                    9788858128701
Pagine
144
Nel giro di un quarto di secolo le parole hanno paralizzato la politica italiana. All’azione si è progressivamente sostituita la narrazione; alla partecipazione attiva, la condivisione virtuale su Internet.
Il risultato è una democrazia a chiacchiere, fatta di una retorica rozza e ripetitiva, incapace di incidere davvero sulle nostre vite e sul nostro futuro.

L'opera
In questi anni è diventato sempre più chiaro che la crisi dei partiti tradizionali è stata anche una crisi linguistica. La mitologia del nuovo ha reso improvvisamente vecchie le formule identitarie che dal dopoguerra avevano caratterizzato il discorso di destra, di sinistra e di centro. E quelli che si sono presentati come i nuovi soggetti politici hanno preso a rivolgersi non a un preciso blocco sociale, ma al cosiddetto ‘italiano medio’: o meglio alla caricatura dell’italiano medio.
Tutto è cominciato all’inizio della seconda Repubblica. È allora che si è verificato il passaggio dal paradigma della superiorità al paradigma del rispecchiamento. Se prima si mirava a impressionare l’uditorio facendo pesare la propria superiorità culturale, da allora in poi si prediligono forme espressive semplici o semplificate. L’obiettivo è quello di comunicare schiettezza, sincerità, onestà, attivando negli elettori un meccanismo di proiezione molto efficace per la crescita del consenso.
Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te». Un italiano populista è tutt'altro dall'italiano popolare: il ricalco espressivo crea un circolo vizioso, che nel migliore dei casi congela l’esistente; nel peggiore (quello che stiamo vivendo) innesca una corsa al ribasso. Questo meccanismo toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non è una risposta ai bisogni degli italiani: è pura ecolalia. Non indica alcuna strada, nessuna soluzione o via d’uscita ai problemi del paese. E infatti le parole della politica stanno diventando (non solo in Italia) sempre più autoreferenziali e staccate dalla concreta realtà delle cose. Ripetute all’infinito, certe parole hanno paralizzato la politica.

Giuseppe Antonelli insegna Linguistica italiana all’Università di Cassino, collabora all’inserto “La lettura”
del “Corriere della Sera” e conduce su Radio Tre la trasmissione settimanale La lingua batte. Dal 2015 racconta storie di parole nel programma televisivo Kilimangiaro, in onda la domenica su Rai Tre. Tra i suoi ultimi lavori: Comunque anche Leopardi diceva le parolacce. L’italiano come non ve l’hanno mai raccontato (Mondadori 2014); Un italiano vero. La lingua in cui viviamo (Rizzoli 2016); L’italiano nella società della comunicazione 2.0 (Il Mulino 2016). Per Laterza ha, tra l’altro, curato il libro intervista con Luciano Ligabue, La vita non è in rima (per quello che ne so).
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Ulrich Beck
La metamorfosi del mondo Collana
Tempi Nuovi
Prezzo
16,00
ISBN
                                                                         9788858125861
Pagine
224
«Non capisco più il mondo»: è l’affermazione su cui si troverebbe d’accordo la maggioranza delle persone di ogni parte del globo. E con ragione. Il nostro mondo è attraversato da un vero e proprio processo di metamorfosi, ovvero dalla destabilizzazione di ogni concetto chiave che ci ha permesso finora di comprendere e gestire la società contemporanea.
L'opera
È innegabile che viviamo in un mondo sempre più difficile da decodificare. Non sta semplicemente cambiando: è in metamorfosi. Se l’idea di cambiamento implica una trasformazione all’interno della quale rimangono saldi i concetti di base, e le certezze su cui poggia la società contemporanea, le metamorfosi, invece, destabilizzano tali sicurezze generando uno choc di fondo, un’esplosione che manda all’aria quelle che fino a quel momento erano le costanti antropologiche della nostra vita e della nostra concezione del mondo. Lo schema è sempre lo stesso: ciò che prima veniva escluso a priori, perché totalmente inconcepibile, accade. Sono eventi globali, processi non intenzionali, che passano generalmente inosservati e si affermano, al di là della sfera della politica e della democrazia, come effetti secondari di una radicale modernizzazione tecnica ed economica. Basta pensare alla serie di avvenimenti ‘pazzeschi’ accaduti negli ultimi decenni: la caduta del Muro di Berlino, gli attentati dell’11 settembre, il catastrofico mutamento climatico in tutto il mondo, il disastro del reattore di Fukushima, fino alle crisi della finanza e dell’euro e alle minacce alla libertà create, come ci ha rivelato Edward Snowden, dalla sorveglianza totalitaria nell’era della comunicazione digitale.
Con questo libro, Beck supera la sua teoria della società mondiale del rischio. La teoria della metamorfosi va oltre: non è cambiamento sociale, non è trasformazione, non è evoluzione, non è rivoluzione, non è crisi. La metamorfosi è una modalità di cambiamento della natura dell’esistenza umana. Chiama in causa il nostro modo di essere nel mondo, di pensare il mondo, d’immaginare e fare politica.

Ulrich Beck (1944-2015) è stato docente di Sociologia presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco e la London School of Economics. Con il volume La società del rischio. Verso una seconda modernità si è in breve tempo affermato come uno dei principali pensatori europei. Nel catalogo Laterza: Conditio humana. Il rischio nell’età globale; Il Dio personale. La nascita della religiosità secolare; Potere e contropotere nell’età globale; Disuguaglianza senza confini; L’amore a distanza. Il caos globale degli affetti
(con E. Beck-Gernsheim); Europa tedesca. La nuova geografia del potere.
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Marco Damilano
Processo al nuovo Collana
Tempi Nuovi
Prezzo
14,00
ISBN
                                                                         9788858127421
Pagine
111
Nessun Paese ha consumato tante leadership nuove, e in così poco tempo, come l’Italia. La ragione? Il nuovo, senza progetto, consuma se stesso e provoca le cause della sua dissoluzione.
L'opera
Il ‘nuovo’ ha modellato tutte le identità politiche degli ultimi decenni: la sinistra, la destra, il centro. Le nuove istituzioni, i nuovi partiti, le nuove leadership, i nuovi comportamenti politici, in una parola l’ideologia del nuovo è stata il mito fondativo delle leadership degli ultimi decenni. Da quella democristiana di Ciriaco De Mita a quella della svolta di Achille Occhetto che, dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989, definì il suo operato «un nuovo inizio che ha in sé il meglio della nostra tradizione». Anche D’Alema userà la categoria del ‘nuovo’ quando toccherà a lui la conquista del potere: «la nuova Italia per la nuova Roma». Nuovo si presenta, e figuriamoci, il Cavaliere dell’eterno presente che dal 1994 scende in campo in politica: il berlusconismo non ha mai un passato, declina i tempi al futuro. Nuovi i tecnici come Mario Monti. Nuovissimi i cittadini scelti dalla Rete nel Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. E nuovissimo il renzismo della rottamazione dove tutto è inedito, mai visto, mai udito: «Siamo quelli che non c’erano prima», ripete il sindaco di Firenze al momento della scalata al potere nazionale. Conclusa nel rovescio del 4 dicembre 2016, al referendum costituzionale in cui sono confluiti la diffidenza, se non il rifiuto, verso la parola ‘riforma’. Una parola che negli anni Settanta e Ottanta significava miglioramento delle condizioni di vita mentre oggi per molti si è capovolta in un annuncio di peggioramento: riforma suona come meno diritti, più precarietà. E la bocciatura del ‘nuovo’ e dei novatori, all’interno di una situazione troppo grande per loro. Tutti i nuovi sono falliti. E se non c’è nessun rimpianto, nessuna nostalgia della vecchia politica, la colpa più grave del nuovo appare quella di non aver avuto altrettanta forza, capacità di elaborazione, radicamento sociale, profondità di contenuti dei seguaci dell’ancien régime. Il nuovo si è rivelato superficiale, clamorosamente inadeguato alla sfida, effimero.

Marco Damilano (Roma, 1968), giornalista, è vicedirettore del settimanale “l’Espresso”. Per Laterza ha curato Missione incompiuta. Intervista su politica e democrazia (2015) di Romano Prodi ed è autore di Eutanasia di un potere. Storia politica d’Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica (2012) e Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall’Ulivo al Pd (2013). Partecipa alla trasmissione “Gazebo” su Rai3.
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Omar Coloru
L'imperatore prigioniero Valeriano, la Persia e la disfatta di Edessa
Collana
Storia e SocietÃ
Prezzo
20,00
ISBN
                                    9788858127469
Due imperi nemici: Roma e Persia. Un imperatore sconfitto e dimenticato. Un tempo di crisi e di disfacimento. La storia di Valeriano, l’imperatore prigioniero.
L'opera
Nel 260 d.C. l’imperatore Valeriano viene catturato dal ‘Re dei Re’ Shapur I: finirà i suoi giorni in Persia in una vergognosa prigionia. Per i romani è una catastrofe senza precedenti, ancor più terribile di quella avvenuta a Carre nel 53 a.C. Roma si trova così a dover affrontare la fase peggiore della crisi che affligge l’impero nel terzo secolo. I persiani premono sui confini orientali, i territori dell’Europa occidentale sono sconvolti dalle incursioni delle popolazioni barbariche, mentre in tutto l’impero infuria la persecuzione dei Cristiani voluta dall’imperatore, che vede in questa religione una minaccia per la tenuta dello Stato. La cattura di Valeriano provoca movimenti separatisti all’interno dell’impero stesso che portano l’usurpatore Postumo a creare un Impero delle Gallie. Ancora più della disfatta di Carre, la fine ingloriosa di Valeriano peserà come una macchia nell’immaginario romano. Ben presto fioriscono aneddoti sulle umiliazioni che il prigioniero avrebbe subito da parte del re di Persia. Shapur sfrutta con abilità politica la portata dell’avvenimento e lancia una campagna ideologica nel territorio del suo regno, con toni inneggianti a un vero e proprio nazionalismo persiano. Ancora oggi, il viaggiatore che si reca nel sito di Naqsh-e Rustam, nella regione iraniana del Fars, può ammirare uno degli esempi più celebri di questa propaganda: il rilievo rupestre che rappresenta Shapur a cavallo nell’atto di afferrare Valeriano con la mano destra. È proprio con questo rilievo che si può misurare l’impatto che la cattura di Valeriano ebbe sull’equilibrio geopolitico del mondo mediterraneo e del Vicino Oriente.

Omar Coloru è ricercatore associato al laboratorio HAROC (Histoire et archéologie de l’Orient cunéiforme) dell’Università di Paris X. La sua attività di ricerca si focalizza sulle relazioni culturali e politiche tra il mondo greco-romano e l’Oriente, con particolare attenzione all’Iran e all’Asia Centrale ellenistici. Autore di studi e articoli pubblicati in volumi e riviste internazionali, ha di recente pubblicato la monografia Da Alessandro a Menandro. Il regno greco di Battriana (Pisa-Roma 2009) e il saggio Ancient Persia and Silent Disability in Disability in Antiquity (a cura di C. Laes, Routledge 2017).
Pagine
216
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Vittorio Meloni
Il crepuscolo dei media Informazione, tecnologia e mercato
Collana
Saggi Tascabili Laterza
Prezzo
13,00
ISBN
                                                                         9788858128695
Pagine
144
Il mondo della comunicazione e dell’informazione tradizionale così come lo conoscevamo si sta dissolvendo sotto i nostri occhi, mentre si delinea un panorama nuovo, sempre più definito, frutto maturo della tecnologia.
Vittorio Meloni, uno dei più esperti manager di comunicazione italiani, spiega i caratteri di questa trasformazione inarrestabile, che si può imparare a comprendere partendo, dati alla mano, da ciò che sta accadendo.

L'opera
Il mondo dei media è sul punto di essere in larga parte soppiantato dall’evoluzione impetuosa dell’economia digitale e dei suoi nuovi protagonisti: tecnologie sempre più potenti, giganti di Internet come Google, piattaforme social come Facebook, Twitter, Instagram. La stampa tradizionale, fatta di quotidiani e periodici, subisce la duplice forte pressione dell’erosione continua di lettori e dell’inarrestabile riduzione dei ricavi pubblicitari, unita alle difficoltà a gestire la trasformazione digitale. La Tv patisce la frammentazione sempre più pronunciata del mercato e delle audience, l’assedio della concorrenza su Internet, la crescita di nuovi aggressivi fornitori globali di contenuti televisivi di qualità. I canali social, intanto, si stanno trasformando in media company, assorbono quote crescenti di investimenti pubblicitari e di comunicazione e si apprestano a diventare il centro di gravità dell’intera digital economy.
Il crepuscolo dei media, scritto come un’inchiesta giornalistica, traccia un quadro documentato e puntuale delle tendenze in atto nel mercato dei media, dello stato di salute dell’editoria tradizionale, del prevedibile futuro di un’industria, quella dell’informazione e della pubblicità, alle prese con una sfida esiziale che cambierà, per sempre, il nostro modo di comunicare, di scegliere, di condividere priorità e valori.
Vittorio Meloni, professionista della comunicazione, è direttore delle relazioni esterne di Intesa Sanpaolo. È stato advisor per la comunicazione di alcuni rilevanti gruppi finanziari e industriali italiani e internazionali, dirigente della giunta regionale lombarda e assistente universitario. Si è occupato a più riprese di editoria e siede nei consigli di amministrazione di ADS, la società che certifica la diffusione della stampa quotidiana e periodica, e di Auditel, la società che misura le audience televisive. È membro del consiglio direttivo e del
comitato di presidenza dell’UPA (Utenti Pubblicitari Associati), associazione che riunisce gran parte delle aziende che investono in pubblicità sui media italiani.
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Stefania Bartoloni
Donne di fronte alla guerra Pace, diritti e democrazia
Collana
Quadrante Laterza
Prezzo
24,00
ISBN
                                                                         9788858127612
Pagine
256
Un capitolo importante e finora trascurato della nostra storia: il ruolo delle donne italiane nei movimenti pacifisti tra Ottocento e Novecento e gli effetti della guerra sul nascente movimento delle donne.
L'opera
Le donne italiane non invocarono la guerra. In poche presero parte alle manifestazioni per l’intervento, in molte decisero di sostenere il lavoro patriottico nel fronte interno, aspetto di importanza centrale per un paese impegnato nelle operazioni militari. A differenza dei tantissimi uomini pronti a misurarsi in quella che considerarono un’eroica ed elettrizzante avventura, le donne per lo più si prepararono ad affrontare le incognite di un evento che scompaginava famiglie ed esistenze, interrompeva progetti e attività, prometteva affanni e dolore.
Sulla base di una vasta documentazione d’archivio, Stefania Bartoloni conduce una originale analisi che segue le vicende di femministe, pacifiste e suffragiste dal 1878, anno di fondazione della
Lega di libertà, fratellanza e pace, alla fine della prima guerra mondiale.
Il volume ricostruisce il dibattito e l’azione del movimento pacifista nel suo complesso di fronte all’impresa libica del 1911 e allo scoppio della guerra europea. Tra le varie componenti che diedero vita a quella sorta di ‘internazionale della pace’, un ruolo importante ebbe appunto la componente femminile che collaborò attivamente con il pacifismo democratico e con l’antimilitarismo socialista.
Quel piccolo gruppo di utopiste, legate a una rete di militanti dalla dimensione internazionale, cercò di definire una propria linea che si basò su una critica di genere al sistema di potere maschile. Per quella élite di femministe e di suffragiste erano proprio gli uomini a capo dei governi e della diplomazia, che sceglievano di dirimere i conflitti tra le nazioni attraverso lo strumento della guerra, a provocare dolore e spargimenti di sangue. Per questo motivo, le donne che animarono il movimento chiesero diritti e democrazia reputando fondamentale la partecipazione femminile alle vicende nazionali e internazionali per trovare soluzioni arbitrali o diverse, per salvaguardare i principi di fratellanza e la cooperazione tra i paesi.

Stefania Bartoloni insegna Storia contemporanea e Storia delle donne e di genere in età contemporanea presso l’Università Roma Tre. È tra le fondatrici della Società italiana delle Storiche. Tra le sue
pubblicazioni: Italiane alla guerra. L’assistenza ai feriti (1915-1918) (Marsilio 2003, nel 2004 Premio Gisa Giani, Premio Capri San-Michele e Premio Feudo Città di Maida); Il fascismo e le donne nella «Rassegna femminile italiana» 1925-1930 (Biblink 2012); La Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni (a cura di, Viella 2016). Per Laterza è autrice della voce La mobilitazione femminile nel Dizionario storico della Prima guerra mondiale (diretto da Nicola Labanca, 2014).
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L'opera
Un libro che restituisce in pieno, con passaggi emozionanti, anche potenti, la persona di De Gregori. La sua storia, le sue passioni culturali, le sue amicizie, la costruzione abbastanza tipica di un italiano ‘di sinistra’, formatosi nella fervida temperie degli anni Sessanta-Settanta; cittadino interessato alla vita pubblica, artista di immediato successo, poi star piuttosto ritrosa, antidivo. Infine, oggi, serenamente veleggiante verso una vecchiaia ben accetta, pacificato con molte delle sue incertezze, delle sue durezze. Michele Serra, “la Repubblica”
Passo d’uomo è pieno di poesia. L’infanzia nell’Italia dignitosa del dopoguerra, protetta da una piccola città – Pescara – e da due genitori ancora innamorati. Il rapporto col fratello maggiore che fa da apripista nella scoperta della musica, di Dylan, del Folkstudio. Il fascino di Tenco e di De Andrè. Il ricordo vivo di Lucio Dalla. La decade di successo, gli anni Settanta, quando la felicità privata coincide con anni difficili della vita pubblica. E dettagli inattesi, come l’incontro surreale con Fellini... Aldo Cazzullo, “Corriere della Sera”
De Gregori sembra insofferente alle etichette, ai luoghi comuni. Se li toglie di dosso. Li aggira. Verso la fine, quasi bruscamente, chiede a Gnoli: tu cosa vorresti da me? E con un unico interrogativo riassume la sua posizione di soggetto del ritratto. Sfuggente, irrequieto, imprevedibile. Niente suona scontato, in questo ampio e divagante colloquio. Paolo Di Paolo, “Il Messaggero”
Un pulsante memoir esistenziale, umanamente intenso, a tratti brutale (e, dunque, necessario). Riccardo Piaggio, “Il Sole 24 Ore”
Francesco De Gregori esordisce sul palcoscenico del Folkstudio alla fine degli anni ’60. Il suo primo successo è Alice nel 1973. In una carriera lunga più di quarant’anni seguono canzoni come Rimmel, Generale, Viva l’Italia, La donna cannone, fino alle più recenti dell’ultimo disco di inediti Sulla strada. Nel 1979 intraprende con Lucio Dalla la tournée Banana Republic, nel 2002 pubblica insieme a Giovanna Marini Il fischio del vapore, una raccolta di canti popolari italiani. Una delle ultime canzoni che ha scritto si intitola Guarda che non sono io, il suo ultimo disco Amore e furto contiene 11 traduzioni di altrettanti pezzi di Bob Dylan.Antonio Gnoli è stato a capo delle pagine culturali di “Repubblica”, giornale con il quale continua a collaborare. Si è occupato di Rilke, Heidegger, Kojève. Ha scritto: La nostalgia dello spazio con
Francesco De Gregori
Passo d'uomo Collana
Economica Laterza
Prezzo
10,00
ISBN
                   9788858128848
Pagine
256
Bruce Chatwin; I prossimi titani. Conversazioni con Ernst Jünger, L’ultimo sciamano e I filosofi e la vita con Franco Volpi, con il quale ha curato opere di Freud, Rémi Brague, Reinhard Brandt e Ferdinand Bordewijk. Si è occupato di Dos Passos, curando Il 42° parallelo. Ha inoltre pubblicato le sue conversazioni letterarie con Edoardo Sanguineti e quelle machiavelliane con Gennaro Sasso.
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Un classico della storia dell’architettura.
L'opera
L’architettura del Rinascimento nasce a Firenze nel primo ’400, si diffonde in Europa nel ’500 e poi in tutto il mondo dove arriva l’espansione dei popoli europei. Entra in crisi alla metà del ’700, quando è criticata dalla nuova cultura razionale che prepara il ciclo dell’architettura moderna.
Leonardo Benevolo ne dà un resoconto completo, illustrando anche il rapporto tra architettura e altre forme culturali contemporanee, in particolare la grande avventura delle arti figurative da Mantegna a Michelangelo, a Rembrandt.
Questa
Storia dell’architettura del Rinascimento si chiude dove inizia la Storia dell’architettura moderna.
Leonardo Benevolo è stato architetto, urbanista e storico dell’architettura. Tra i suoi numerosi libri nel catalogo Laterza, alcuni dei quali considerati ormai dei classici: Storia dell’architettura moderna; Le origini dell’urbanistica moderna; Introduzione all’architettura; Storia della città; La cattura dell’infinito; La città nella storia d’Europa; L’Italia da costruire. Un programma per il territorio; Le origini dell’architettura (con Benno Albrecht); San Pietro e la città di Roma; L’architettura nel nuovo millennio; L’architettura nell’Italia contemporanea. Ovvero il tramonto del paesaggio; La fine della città (intervista a cura di Francesco Erbani); Il tracollo dell’urbanistica italiana.
Leonardo Benevolo
Storia dell'architettura del Rinascimento
Collana
Economica Laterza
Prezzo
28,00
ISBN
                         9788858128831
Pagine
972
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Giusto Traina
428 dopo Cristo Storia di un anno
Collana
Economica Laterza
Prezzo
12,00
ISBN
                                                                         9788858128862
Pagine
242
Un anno, il 428 d. C, scelto volutamente perché un anno qualunque. Di quest’anno, Traina costruisce un avvincente giro d’orizzonte, accompagnando il suo lettore dalla Siria all’Anatolia, dai Balcani all’Italia, dalla Gallia all’Inghilterra, dalla Spagna al Nordafrica sino all’Egitto, alla Palestina e alla Mesopotamia, attraverso le province formicolanti di popolo e di commerci, di soldati e di funzionari, di vescovi e di monaci. Ne emerge un impero assai più meridionale che nordico, più orientale e greco che occidentale. Un impero che si voleva eterno, ma che stava cambiando. Alessandro Barbero, “Tuttolibri”
L'opera
«Il nostro sarà un vero e proprio viaggio attraverso il mondo tardoromano, in un anno importante per la sua evoluzione politica. Ci muoveremo lungo uno di quei percorsi circolari cari ai compilatori degli ‘inventari del mondo’ tardoantichi. Partendo dall’evento politicamente più rilevante del 428 dopo Cristo – la caduta del regno d’Armenia – attraverseremo il Mediterraneo e l’Europa, per poi ripiegare verso Oriente, fino al primo tratto della Via della Seta, ai confini di altri mondi. Durante il viaggio incontreremo città e deserti, palazzi e monasteri, scuole pagane e santuari cristiani. E soprattutto vivremo insieme alle
dramatis personae di questo lungo anno: gli imperatori Teodosio II, Valentiniano III e Vahrâm V; generali romani come Flavio Dionisio; capi barbari come Genserico o signori della guerra come il saraceno al-Mundhir. E poi religiosi come Simeone Stilita, Paolino di Nola e Agostino; donne di potere come Galla Placidia e Pulcheria; intellettuali pagani come Macrobio o Plutarco di Atene; vescovi potenti come il siro Rabbula o il copto Scenute. Lo sfondo è il tramonto dell’impero romano. O, se si preferisce, l’alba del medioevo.»
Giusto Traina insegna Storia romana all’Università Paris-Sorbonne. Per Laterza è autore, tra l’altro, di: La tecnica in Grecia e a Roma (1994); Marco Antonio (2003); La resa di Roma. Battaglia a Carre, 9 giugno 53 a.C. (2010, vincitore del Premio Cherasco Storia 2011); Il piccolo Cesare nella collana per ragazzi “Celacanto” (2014).
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Barry Strauss
La morte di Cesare L'assassinio piÃ1 famoso della storia
Collana
Economica Laterza
Prezzo
13,00
ISBN
                                                                         9788858128855
Pagine
360
Un complotto preparato nei minimi particolari. Le motivazioni dei congiurati. Il carattere di Bruto e Cassio. Il mistero del terzo uomo che tradì.
Le Idi di marzo hanno cambiato la storia dell’Occidente, ben più di quello che i congiurati avrebbero mai potuto immaginare.

L'opera
Strauss racconta la complessità della politica della tarda Repubblica romana con un ritmo narrativo serrato. In più è un abile ritrattista: tutti i protagonisti sono personalità vivissime e ben delineate, nessuna meglio di Cesare stesso. “Time”
Le fonti antiche tendono a ignorare i legionari senza nome per dare spazio solo ai grandi leader. Questo libro ha un punto di forza che altri libri non hanno: mette in primo piano il ruolo giocato nella vicenda dai più duri e temprati veterani di Cesare. “New York Times Book Review”
Un libro magnifico che possiede tutti gli ingredienti di un grande giallo – delitto, brama di potere, tradimento, alta politica –, con la differenza che quello che vi è narrato è vero e ci viene raccontato da un grande storico. Andrew Roberts
Barry Strauss è Professor of History e Professor of Classics alla Cornell University. È autore, co-autore e curatore di numerose pubblicazioni e collaboratore di importanti testate giornalistiche. È Heinrich Schliemann Fellow all’American School of Classical Studies di Atene ed è stato insignito del Cornell’s Clark Award per l’eccellenza nell’insegnamento. I suoi libri si distinguono per una qualità rara: uniscono alla competenza e alla rigorosa ricostruzione delle fonti uno stile serrato e una sapientissima narrazione. Nel catalogo Laterza anche: La forza e l’astuzia. I Greci, i Persiani, la battaglia di Salamina; La guerra di Troia; La guerra di Spartaco; L’arte del comando. Alessandro, Annibale, Cesare; Spartaco (nella collana per ragazzi “Celacanto”).www.BarryStrauss.com
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Umberta Gnutti Beretta Diana Bracco Alida Forte Catella John
Elkann Elisabetta Lattanzio Illy Francesco Micheli Letizia Moratti
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo Giovanna Forlanelli Rovati Anna Zegna Filantropie Sfide e visioni delle famiglie imprenditoriali italiane
Collana
Itinerari Laterza
Prezzo
15,00
ISBN
                                     9788858128725
Pagine
176
I protagonisti, le esperienza, i nuovi campi e i nuovi settori di intervento della filantropia privata italiana negli anni 2000, direttamente dalla voce dei suoi protagonisti.
L'opera
Questo libro vuole dare voce a una via italiana della filantropia privata, mediante il coinvolgimento di persone e famiglie che hanno una esperienza concreta sul campo. Non si vuole offrire ai lettori una collezione di progetti sociali o iniziative filantropiche, ma raccogliere dalle esperienze di ciascuno una visione comune della filantropia ‘made in Italy’. Il valore della filantropia – e la sua identità distintiva nell’ambito del settore non profit – sta nella sua capacità di integrare una visione strategica specifica con esperienze, saperi e competenze che vengono dal mondo della produzione, dell’economia, delle relazioni istituzionali, della politica, della cultura.
I contributi raccolti evidenziano nuove sfide e opportunità, confronti rispetto alle realtà più avanzate e idee ed esperienze innovative: nell’arte, nell’educazione, nella tutela dell’ambiente e del territorio, nella ricerca di strumenti filantropici innovativi e nel business sostenibile. Tutte, comunque, con un obiettivo comune: contribuire a trovare una strada per creare un mondo migliore.
L’autorevole postfazione di Innocenzo Cipolletta contribuisce a raccogliere le idee intorno a questo tema e a capire meglio le peculiarità e le sfide che la filantropia italiana deve ancora affrontare per diventare, pur nella diversità dei vari approcci e iniziative, una voce unita nel dibattito sociale nazionale.
Scritti di
Diana Bracco • John Elkann • Giovanna Forlanelli Rovati • Alida Forte Catella • Umberta Gnutti Beretta • Elisabetta Lattanzio Illy • Francesco Micheli • Letizia Moratti • Patrizia Sandretto Re Rebaudengo • Anna Zegna 

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